169 - Mi rendo conto che il quadro che ho dipinto presenta una moltitudine, forse esagerata, di elementi negativi: sembra di trovarsi di fronte ad una situazione senza uscita, ma dovremmo ricordarci che c'è sempre la soluzione estrema, la scelta ultima per porre rimedio, in maniera anticipata e definitiva, allo strazio e al dolore.
Da qualunque parte guardi, c'è la fine dei tuoi mali. Vedi quel precipizio? Da quello, si scende alla libertà. Vedi quel mare, quel fiume, quel pozzo? La libertà siede là, sul fondo. Vedi quell'albero basso, rinsecchito, malaugurato? La libertà è appesa a quello. Vedi il tuo collo, la tua gola, il tuo cuore? Sono vie di scampo alla servitù. Ti mostro forse uscite troppo laboriose e che richiedono molto coraggio e molta forza fisica? Chiedi qual è il sentiero della libertà? Qualunque vena del tuo corpo.
Ringraziamo Seneca per aver tracciato con la vernice rossa il percorso per trovare, in mezzo al fumo, alla confusione, alle grida e alla disperazione la porta anti-panico posizionata strategicamente in fondo alla sala.
Non nascondo, e proprio per questo ci tornerò, che sia un'opzione che talvolta abbia preso a lampeggiare, con seducente intermittenza, tra le tante possibilità a mia disposizione.
Il pensiero del suicidio – aggiunge Nietzsche in 'Al di la del bene e del male — è un energico mezzo di conforto: con esso si arriva a capo di molte cattive notti.
È un po' come sorprendersi, a me è capitato, ad analizzare con attenzione il piano di evacuazione di un edificio dalla struttura complessa, come ad esempio, un ospedale. Nell'eventualità che gli avvenimenti raggiungano il picco della loro drammaticità, c'è comunque un piano dettagliato da seguire.
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170 - Si tratta comunque di una strada che in tanti disprezzano, peraltro con notevole quantità di argomentazioni: sembra fare rima con viltà, con l'incapacità di vivere sino in fondo le proprie contraddizioni, in mezzo alle contraddizioni che il mondo offre.
Se poi in questa vita ci fosse, per puro caso, una legge del karma o qualcosa di simile (possiamo benissimo non crederci, ma altra cosa è escluderlo in maniera assoluta) si rischierebbe di pagare un prezzo altissimo, ben più salato rispetto a quello con cui non riusciamo a fare i conti nel presente.
Sopravvive comunque (ma non sappiamo bene ancora per quanto) una certa curiosità, un vago sentimento di sfida nel voler vedere, stoicamente, quale sarà la prossima carta che il mazziere rovescerà sul tavolo da gioco. Non resta dunque nient'altro da fare che dare una decisa temperata, come si fa con le matite prima di iniziare a scrivere su di un foglio, alla nostra razionalità e al nostro istinto, o almeno, a ciò che ne rimane, e cercare nuove strategie per tentare la fuga.
In realtà nel concetto stesso di gabbia è implicito quello di evasione: bisogna solo avere la forza, la pazienza, la perseveranza per procurarsi gli strumenti, le conoscenze, le idee giuste e, cosa che non guasta mai, anche dei complici.
Mi devo concentrare, diventare denso come una gocciolina di mercurio, fondermi con il contesto che ho scelto come punto di riferimento. Partendo, ancora una volta, dalla caverna in cui mi trovo incatenato assieme a tutti i miei compagni.
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171 - È lo stesso Platone che spalanca le porte ad un clamoroso colpo di scena in seno ad una tragedia che sembrava destinata a chiudersi nella maniera più scontata, ovvero con il perpetuarsi perenne di una condizione di schiavitù e cecità diffusa universalmente, senza soluzione di continuità.
Quando uno fosse sciolto e improvvisamente costretto ad alzarsi, a girare il collo, a camminare, a volgere lo sguardo verso la luce...
Dunque una liberazione, seppur parziale, seppur strettamente soggettiva, è possibile!
L'autore non chiarisce né tanto meno accenna, almeno nella Repubblica, alle dinamiche che innescano il processo che porta l'individuo a stravolgere nettamente la sua condizione di partenza: non ci è dato sapere, ad esempio, se si tratta di un'azione spontanea, a carattere personale, o se deriva dall'intervento di un agente esterno.
Alcuni critici, basandosi sul resto delle opere composte dal pensatore greco, puntano l'attenzione sulla catarsi prodotta dall'arte, una sensazione così intensa che contribuirebbe a creare uno strappo, una netta rottura con il sistema di credenze e supposizioni adottate sino a quel momento. Se così fosse, sarebbe comprensibile la strategia adottata dal Potere che fagocita ogni forma artistica per defecarla sotto forma di Spettacolo che, in sostanza, diventa parte essenziale ed integrante del gioco di ombre proiettate sulla parete.
Nel nostro personalissimo pentolone (seguendo il vecchio adagio del 'tutto fa brodo') siamo portati a gettarci, tra le cause che favorirebbero l'effetto in questione, anche e solo per una questione di coerenza interna con quanto affermato in precedenza, qualche manciata di piante psicotrope (ad esempio, una ventina di grammi di funghi freschi del tipo hawaiano farebbero senza dubbio al caso nostro), che condirebbero la zuppa regalandogli quel tocco esotico in più.
Anche in questo caso sarebbe ampiamente comprensibile l'accanimento spietato con cui il Potere vieta il loro consumo e la loro diffusione e, quando lo permette, ne azzera i significati originari, e positivi, in favore di una spettacolarizzazione che riduce tali sostanze a meri passatempi, da sgranocchiare come i pop-corn.
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172 - Ciò che mi interessa sottolineare è la portata sconvolgente che alcuni avvenimenti esercitano sull'economia delle nostre vite. Sembra quasi di avere a che fare con un'energia spaventosa, sovrumana, capace di radere al suolo la vecchia versione di noi stessi, spesso non senza dolore, o spavento. Ecco cosa succede al nostro povero schiavo, una volta liberatosi dalle catene:
E se poi lo si trascinasse via con la forza, su per la salita aspra e ripida, e non lo si lasciasse prima di averlo costretto ad uscire alla luce del sole, non soffrirebbe forse, non protesterebbe per essere così trascinato? Ed una volta giunto alla luce, gli occhi abbagliati dal suo splendore, potrebbe vedere una sola delle cose che ora chiamiamo vere?
Serve del tempo per prendere dimestichezza con la dimensione del tutto nuova in cui spesso ci (ri)troviamo immersi, senza sapere bene nemmeno il perché. Serve coraggio, temperanza, pazienza, buona volontà, spirito di sacrificio, fiducia. La lista è lunghissima. E la paura non vi trova e non può trovarvi posto.
Avrebbe dunque bisogno, penso, di assuefazione, per poter vedere le cose di quassù. Prima potrebbe osservare, più agevolmente, le ombre, poi le immagini riflesse nell'acqua degli uomini e delle altre cose, infine le cose stesse; di qui potrebbe passare alla contemplazione dei corpi celesti e del cielo stesso durante la notte, volgendo lo sguardo alla luce delle stelle e della luna con maggiore facilità che, di giorno, al sole e alla luce.
Il processo descritto da Platone mi sembra molto simile ad un distacco, progressivo e inarrestabile, nei confronti degli aspetti più turpi, più vili e più oscuri che riguardano la parte più meschina della nostra quotidianità. Un'interruzione forzata con la squallida, schifosa dieta a cui siamo sottoposti giornalmente. Che lascia piano piano il posto allo stupore, se non addirittura alla meraviglia, per la quantità sublime di oggetti su cui ora possiamo indirizzare le nostre attenzioni. Uno sterminato giardino in fiore che non pensavamo assolutamente di poter custodire dentro di noi, tra i blocchi di catrame e le immondizie che sino ad un attimo prima collezionavamo in maniera certosina.
Si tratta piuttosto di una conversione dell'anima da quella sorta di giorno tenebroso al giorno vero, cioè dell'ascesa verso ciò che è: e quest'ascesa diremo essere la vera filosofia.
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173 - Di punto in bianco, come se ti avessero svegliato di colpo e in maniera brusca da un lungo e appiccicoso sogno, ti ritrovi ad avere per la testa mille pensieri, però di natura ben diversa rispetto a quelli che ti affollavano il cranio sino ad un attimo prima.
Cambiano i tuoi punti di riferimento, le coordinate che utilizzi per muoverti nella scacchiera, i tuoi gusti, le tue preferenze e dunque le tue scelte. Cambiano le parole che ti escono dalla bocca, il modo in cui guardi gli altri e il mondo. Il modo in cui ti nutri, il modo in cui ti riposi, il modo in cui spendi le tue energie. Intuisci la dimensione del cambiamento dall'ombra di stupore, o di diffidenza, che si posa sulle facce di coloro che un tempo erano i tuoi familiari, i tuoi amici, gli appartenenti alla cerchia degli affetti più intimi e cari. Corri il rischio di essere espulso fuori, vomitato, rigettato dalla loro razionalità.
Non comprendono come sia possibile che tu ti sia fottuto il cervello in maniera così clamorosa. Come sia possibile che tu sia pronto a rinunciare, in cambio poi chissà di cosa, a quella che era la tua vita. Rischi di perdere l'equilibrio, l'orientamento, ma si tratta di un pizzico di sgomento passeggero. Ancora una volta: si tratta soltanto di mantenere la calma, poi la strada riappare, nitida e chiara, squarcia il buio in tutta la sua rinnovata brillantezza.
Il nostro schiavo ora raggiunge il culmine della sua atroce ed estatica esperienza, addenta la radice amara dell'albero filosofico, con rara, selvaggia furia animale.
Custode di un segreto che, almeno ad una prima analisi, sembra corroso irrimediabilmente dalla condanna silenziosa dell'incomunicabilità più assoluta.
E allora giungerebbe ormai, intorno al sole, alla conclusione che esso, fonte delle stagioni e delle annate, reggitore di ogni cosa nel mondo visibile e anche in qualche modo la causa di tutto ciò che essi vedevano nella caverna. […] Ma allora, ricordando la sua precedente dimora e il sapere di laggiù e i suoi compagni di prigionia, non credi che si rallegrerebbe del proprio mutamento e compiangerebbe gli altri?
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174 - So bene come vanno a finire di solito certi viaggi nelle altissime vette del conoscibile. Così Platone riassume l'intera questione in poche, abilissime mosse:
Sarai dunque d'accordo anche sul fatto che non v'è da sorprendersi se chi è giunto fino a tal punto non voglia poi occuparsi delle faccende degli uomini, e la sua anima aspiri a restare sempre lassù
Come già dichiarato in precedenza, ma colgo l'occasione per ribadirlo con altra forma, non credo che il nostro scopo su questa terra sia quello di godersi il panorama e l'aria fresca, ignorando beatamente quello che succede nell'inferno che ribolle proprio sotto i nostri piedi, nonostante la tentazione sia fortissima, e ce ne siano in fondo tutte le possibilità.
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175 - Una visione, in cui mi sono imbattuto tanti anni fa, in tempi non sospetti, finita poi a macchiare indelebilmente una piccola porzione del mio braccio destro: c'è una sfera, che in realtà è una gabbia; ricorda un mappamondo, ma al posto di meridiani e paralleli ci sono delle sbarre. In alto, sulla destra, c'è una crepa, una via d'uscita aperta a forza, da cui fuoriesce del fumo. Sul globo c'è seduto un uomo, con il volto coperto: ha lo sguardo fisso di fronte a se. Dentro alla palla ci sono rinchiuse due ombre. Una volta fuori, l'evaso non sa bene come comportarsi.
Sembrerà paradossale, ma al fuggitivo spetta il compito di ritornare indietro, al punto di partenza. Si legge ancora nella Repubblica:
Dovete dunque, quando è venuto il vostro turno, ridiscendere là dove vivono gli altri ed abituarvi ad osservare le immagini oscure; che una volta assuefattivi, le vedrete mille volte meglio di quelli di laggiù, e di ognuno dei simulacri saprete che cos'è e che cosa rappresenta, grazie all'aver visto il vero intorno a ciò che è bello e giusto e buono.
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176 - Mi sarò fatto ripetere l'aneddoto almeno per una decina di volte: avrei preferito che a scriverlo e raccontarlo fosse il protagonista stesso della vicenda, ma ormai conosco la questione a memoria e posso proseguire facendo a meno del suo contributo diretto.
Esame di Filosofia Politica; la professoressa chiede al mio giovane amico:
— Qual è il motivo che spinge lo schiavo a tornare in mezzo agli altri?
— Per aiutarli a liberarsi.
— No — rispose l'Autorità da dietro la sua cattedra. — Per comandare.
Questa piccola incomprensione costò al caro E. un punteggio finale di 28, anziché il 30 che stava ormai per conquistare. Ho avuto modo di riflettere molto su quello scambio di battute ed in realtà l'idea di Platone in questo senso sembra piuttosto chiara: il governo illuminato dei filosofi è l'unica via percorribile per garantire agli individui un adeguato livello di felicità, libertà e benessere. All'interno dell'Accademia venivano quindi formati i candidati per questo scopo, sia da un punto di vista intellettuale che fisico-attitudinale.
*177 - Nonostante i buoni propositi, il compito di Platone non si rivelò affatto facile, soprattutto perché il potere, e dunque chi lo detiene, di solito tende a fare il possibile per mantenere la situazione inalterata, in modo che vantaggi e benefici si condensino nelle mani di pochi a discapito, è sempre lo stesso ritornello, di tutti gli altri. Alla Filosofia non rimase, e non rimane nient'altro da fare, che cercare di influenzare i vari apparati politici affinché possano tendere verso un fantomatico meglio, che spesso si riduce alla più classica delle utopie.
Con il trascorrere dei secoli e con il progressivo diffondersi dei sistemi cosiddetti democratici, c'è stato un costante moltiplicarsi di organizzazioni, tra le più varie e disperate, e partiti che sembrano tutti animati, almeno in partenza, dallo stesso nobile intento: garantire la sistemazione ottimale, per ciascuno di noi, all'interno della caverna. Non ci resta che verificarne gli esiti.
Posto che conquistare il comando generale delle operazioni non è mai stato un mio interesse, mi impegnerò in tutto e per tutto per confermare questo proposito sino alla fine dei miei giorni, non mi resta altro da fare che appurare personalmente le condizioni di salute, lo stato fisico e psicologico dei miei simili o, per essere più precisi, di tutti coloro in cui mi imbatterò, da questo preciso momento in poi. Uno dei criteri utili, in questo senso, sarà rappresentato dal concetto di autodeterminazione, che in sostanza non è altro che la possibilità di scegliere la propria direzione piuttosto che limitarsi a seguire una rotta minuziosamente prestabilita da terzi.
In sostanza mi piacerebbe capire quanto si sentano realizzati e felici i vari individui calati nello loro situazioni particolari e di quanta capacità attiva dispongano per dare la forma voluta alle loro esistenze.
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178 - Sarebbe quanto meno controproducente calarsi in questo faticosissimo errare con, in spalla, una saccoccia piena di verità e certezze; se il mio intento fosse davvero, come credo e sostengo, mettermi in discussione per mettere in discussione, ciò di cui avrei bisogno consisterebbe soltanto in una buona dose di quesiti, da tenere sempre in tasca, pronti per ogni evenienza.
Piuttosto che con l'atteggiamento saccente, seppur illuminato, tipico del sapiente di stampo platonico, il nostro schiavo dovrebbe tornare indietro nella Storia e prendere spunto dal metodo maieutico, tipico di Socrate: attraverso una fittissima serie di domande si ha la possibilità, io lo considero un vero e proprio onore, di accedere alla dimensione più intima, riservata, personale dell'interlocutore. In quel momento, e solo in quel momento, è possibile iniettare, è sufficiente appena una goccia, quel dolce veleno che risponde al nome di dubbio.
Ci si avvicina all'orecchio del prossimo e con un sussurro leggero, discreto, appena percettibile, lo si colloca in una posizione inedita: «Non è che potresti farmi assaggiare un po' di questa pietanza che ormai mangi da tempo, assolutamente convinto del fatto che sia il meglio che si possa trovare in circolazione?».
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179 - Ho quasi perso il conto di quanti aspetti riguardo alla mia vita, che credevo solidi e immutabili, sono saltati letteralmente in aria, esplosi, con il trascorrere del tempo, come se un aratro scavasse in profondità nel cuore stesso della mia personalità, stravolgendone la struttura, la forma, la connotazione.
Io sono una lista ambulante di 'non farò mai' che invece si sono clamorosamente capovolti, trovando piena realizzazione nel loro opposto.
Ho un esercito di 'non riuscirò mai a...' che non aspetta altro che andare in battaglia per soccombere di fronte allo strapotere di nuove evidenze.
Il cambiamento è parte integrante ed ineliminabile del flusso, del divenire in cui siamo immersi; la nostra tanto sbandierata coerenza è soggetta agli attacchi più violenti. Quest'ultima è un animale in pericolo perché il significato stesso di questo strano viaggio pare sia arrivare alla meta in condizioni diametralmente differenti rispetto alla condizione di partenza. Eppure, allo stesso tempo, un nocciolo denso deve essere tenuto al riparo, protetto, preservato: in esso trovano asilo i nostri sentimenti più puri, gli intenti cristallini che non dovrebbero mai essere barattati nemmeno di fronte alla proposta più allettante. Anzi, dovrebbero aumentare di numero, di valore, di peso. Un piccolo forziere che custodisce tutte le nostre virtù.
Si tratta comunque di un'eccezione.
Tutto il resto, infatti, dovrebbe lasciare spazio al nuovo, come l'animale che cambia la propria muta. Un discorso che vale per i gusti, per i desideri, per gli obbiettivi. Si impara dai propri sbagli, così come dagli errori che gli altri magari commettono con noi. Si diventa più forti dopo le sconfitte e le delusioni, possibilmente più saggi ed accorti dopo i successi.
Siamo il risultato, in continuo aggiornamento, dello stratificarsi delle nostre esperienze più diverse. L'unica regola dovrebbe essere quella di progredire verso lo sviluppo. Il nostro buon senso, in aggiunta al parere sincero degli altri, le bussole per mantenere la rotta.